Serina, molestie a una bambina: condannato l'ex curato

Ribaltata in appello la sentenza di assoluzione per don Marco Ghilardi. Il sacerdote si professa innocente

Il tribunale

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Serina (Bergamo), 22 febbraio 2018 - Finito a processo per molestie a una ragazza del paese, quando era ancora bambina, in primo grado don Marco Ghilardi, ex curato di Serina, era stato assolto, il 27 ottobre 2016, perché “il fatto non sussiste” (collegio presieduto dal giudice Antonella Bertoja). Per il sacerdote, ora in un convento di frati francescani, il sostituto procuratore Gianluigi Dettori aveva chiesto 12 anni di carcere. Lui, difeso dall’avvocato Roberto Bruni, si è sempre proclamato innocente. Il pm ha presentato appello e il sacerdote, in secondo grado, è stato condannato a sei anni. Il difensore ricorrerà in Cassazione.

Tutta la vicenda era venuta a galla dopo che la giovane, che oggi ha 21 anni, aveva sporto denuncia ai carabinieri del paese nel giugno del 2013. Pochi giorni dopo aver compiuto i 18 anni. Ne erano passati otto dai fatti, avvenuti, secondo il suo racconto, quando aveva tra i 6 e i 10 anni, nella scuola dove don Ghilardi insegnava religione o nella sagrestia e all’oratorio. Oltre alla sua testimonianza, a processo erano state portate quelle degli ex fidanzati e delle amiche della ragazza, ma nessuna era diretta. Un punto che, nel processo di primo grado, aveva inciso nell’assoluzione di don Marco. Don Ghilardi si è sempre proclamato innocente.

In questa vicenda, l’interrogativo a cui dare risposta riguardava in particolare come mai la ragazza avesse deciso di rivelare i presunti abusi nel giugno 2013, quando erano passati otto anni dai fatti. Che peso aveva questa circostanza, per la sua credibilità? Nulla secondo il pm, perché la «giovane appartiene a una famiglia molto religiosa, abita in una frazione di Serina, un ambiente in cui una bambina che avesse osato denunciare il sacerdote del paese si sarebbe esposta alla pubblica critica».

Diverso il parere dell’avvocato Bruni, che aveva invocato l’assoluzione per il sacerdote: «Siamo di fronte ad un racconto infarcito di inverosimiglianze e discrasie. La denuncia otto anni dopo i fatti pesa perché i racconti non sono quelli di una bambina, situazione che sarebbe stata comunque delicata, ma di una bambina che è diventata nel frattempo adulta». Non solo. I riscontri che il pm ritrova nei testimoni, secondo il difensore dell’imputato, non esistono: «La ragazza si confida con sette persone, ma è sempre lei la fonte di accusa, solo lei».