Bergamo, affari d’oro del crimine organizzato: "Ha generato personale autoctono"

Il dossier sulla presenza di mafia, camorra e ’ndrangheta nella provincia presentato dall'associazione Libera

Una recente manifestazione di Libera

Una recente manifestazione di Libera

Bergamo, 24 maggio 2017 - «La criminalità organizzata a Bergamo fa affari d’oro e ormai genera personale autoctono. È necessario che se ne prenda piena consapevolezza». È il commento di Francesco Breviario, referente provinciale dell’associazione Libera, che ieri nella sala Viterbi della Provincia ha presentato il Dossier 2016. Una data scelta non a caso, un giorno simbolicamente importante, quello della strage di Capaci in cui fu ucciso il giudice Giovanni Falcone assieme a sua moglie e agli uomini della scorta. Un dossier in cui sono raccolte 50 segnalazioni di criminalità organizzata, di stampo mafioso, camorristico e ‘ndranghetistico, tra il fiume Adda e l’Oglio.

All’incontro pubblico hanno preso parte decine di persone, tra le quali anche molti studenti. Anche quest’anno sono stati elencati in ordine cronologico, mese per mese, episodi che testimoniano e confermano come sia sbagliato e fuori tempo pensare che la terra bergamasca sia un territorio dove non ci siano infiltrazioni malavitose. Niente di più sbagliato e anacronistico. Come ha confermato nel suo commento il referente provinciale di Libera. «Chiudere gli occhi ora, sembra più difficile per Bergamo».

Riguardo agli episodi elencati, si va dal rogo sospetto a una ex banca di Foresto Sparso, a gennaio, alla richiesta delle condanne per un omicidio nel giro dello spaccio a Zingonia, una zona della Bassa spesso dimenticata. Nel mezzo, 911 chili di droga sequestrata dalle forze dell’ordine in provincia nel corso dell’anno, 1.895 segnalazioni di operazioni sospette raccolte per la Bergamasca dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia: rispetto al 2015, l’aumento è stato del 37 per cento. Il 2016 ha segnato un numero allarmante di fatti, il più alto da quando l’Osservatorio di Libera ha iniziato l’attività di monitoraggio. Per lo spaccio di sostanze stupefacenti, ad esempio, la provincia bergamasca si conferma uno snodo cruciale per la Lombardia e dunque per l’intero nord Italia.

L’opera di Libera ne testimonia la presenza nel lontano 1964, anno di avvio della politica dei confini: Genco Russo, a Lovere, fu il primo padrino a soggiornare all’ombra delle Prealpi. Soprattutto la ‘ndrangheta ha attuato sistemi di infiltrazioni, come prova l’operazione ‘Nduja del 2005, la più importante inchiesta che ha coinvolto la Bergamasca. Ma tanti altri sono i segnali di allarme, spesso ignorati: come i 55 incendi dolosi o sospetti negli ultimi dieci anni, tipico dell’intimidazione criminale. Rispetto alle infiltrazioni nell’economia, «agli imprenditori avvicinati dai clan bisogna dire che è meglio fallire piuttosto che mettersi in quelle mani». Parole del comandante della Gdf di Bergamo, colonnello Vincenzo Tomei.

E per il 25°anniversario della strage di Capaci e via d’Amelio, l’associazione nazionale magistrati di Brescia e il coordinamento provinciale bresciano di Libera si sono trovati assieme nel palazzo di giustizia, per non dimenticare. Sono intervenuti Guido Papalia e Fabio Salamone.