Cividate, pestano padre e figlio durante rapina. Tre romeni puntano il dito sul complice

Nel dicembre 2014 la brutale aggressione a Giovanni e Adriano Balestra

Da sinistra, Giovanni Balestra, 74 anni, e suo figlio Andrea, 48

Da sinistra, Giovanni Balestra, 74 anni, e suo figlio Andrea, 48

Cividate al Piano (Bergamo), 3 marzo 2017 - E' approdata davanti al gup Marina Cavalleri la violenta rapina avvenuta la notte del 9 dicembre 2014 a Cividate al Piano, all’interno della ditta Bm Officine Meccaniche, dove i titolari dell’azienda, padre e figlio, Giovanni e Adriano Balestra, vennero brutalmente picchiati da quattro romeni che si erano introdotti nell’edificio con l’intenzione di rubare rame e altri materiali. Ber i colpi ricevuti Giovanni Balestra ancora oggi è costretto a vivere su una sedia a rotelle. Durante l’udienza preliminare di ieri sono stati sentiti tre dei quattro malviventi finiti in manette, tutti in carcere a Bergamo (il quarto è detenuto in Romania, la sua posizione è stata stralciata dagli inquirenti e il processo nei suoi confronti verrà celebrato a parte).

Marvin Marian, 56 anni, ha negato ogni coinvolgimento, sostenendo che quella sera era da tutt’altra parte. I suoi compari, Alin Jan Buruiana, 32 anni, e Marinel Oprea, 28 anni, hanno invece ammesso che erano presenti, ma entrambi hanno scaricato la responsabilità dell’accusa più grave, il pestaggio, sul complice che si trova in carcere in Romania, Costel Bucurasteani, 23 anni. Buruiana si è detto dispiaciuto per quello che è accaduto e ha chiesto scusa. La discussione del processo, che si celebra con il rito abbreviato, inizierà il 13 aprile.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, i quattro avevano fatto irruzione nella ditta con l’intenzione di rubare. Scoperti da Adriano Balestra, invece di fuggire lo avevano aggredito e lo stesso avevano fatto con il padre, intervenuto in suo soccorso. I malviventi si erano poi dati alla fuga. Una prima indagine sulle celle telefoniche aveva permesso agli investigatori prima di individuare tutte le utenze transitate in zona, quindi di restringere il cerchio man mano fino ad arrivare ad alcune decine di utenze. A quel punto erano partite le intercettazioni telefoniche che avevano permesso di individuare i quattro romeni, che nel frattempo, però, avevano già lasciato l’Italia. La certezza sulla loro identità era arrivata dalla testimonianza delle due vittime e dalle testimonianze di due donne romene, che all’epoca dei fatti abitavano nella stessa zona degli indagati, a Romano di Lombardia.