Processo Bossetti, pm chiede l'ergastolo per l'omicidio di Yara

Il pm di Bergamo, Letizia Ruggeri, ha chiesto la condanna all'ergastolo con isolamento diurno per sei mesi a carico di Massimo Bossetti, accusato dell'omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra, Yara Gambirasio

Da sinistra, Yara Gambirasio, Letizia Ruggeri e Massimo Bossetti

Da sinistra, Yara Gambirasio, Letizia Ruggeri e Massimo Bossetti

Bergamo, 18 maggio 2016 - Chiesto l'ergastolo per Massimo Giuseppe Bossetti, unico indagato per l'omicidio di Yara Gambirasio nel processo a Bergamo. La richiesta è stata formulata dal pm Letizia Ruggeri nella seconda udienza dedicata alla requisitoria del magistrato che ha proposto anche sei mesi di isolamento diurno per il muratore di Mapello. L'udienza si è conclusa così alle 19.40, quando Bossetti è uscito impassibile dall'aula scoccando una lunga occhiata all'indirizzo del pm. Accusato di omicidio volontario pluriaggravato e calunnia ai danni di un collega di lavoro, era seduto accanto ai suoi avvocati, con indosso una polo a righe orizzontali marroni e nere.

REQUISITORIA - "Bossetti è una persona propensa a mentire - ha detto nella requisitoria Ruggeri -. Ha mentito qui in aula, quando ha detto che non sapeva come era finito il Dna su Yara, che poi ha definito 'strampalato'. Dice di non ricordare quel pomeriggio del 26 novembre (del 2010 quando scomparve la ragazza, ndr) ma è stato intercettato in una conversazione con la moglie in cui parlava di una giornata piovosa e di terreno fangoso. Ha voluto infierire, abbandonare Yara. Ha infierito con lesioni non mortali ma idonee a far soffrire. Le ha inflitto lesioni eccessive e l'ha abbandonata in un campo dove era impossibile trovarla. Ha agito con sevizie e crudeltà, con la volontà di infliggere alla vittima una sofferenza aggiuntiva e di aggiungere dolore. Ci è riuscito. Yara è morta dopo una lunga sofferenza e una lunga agonia".

Secondo il pm Ruggeri, il muratore di Mapello ha voluto infliggere "particolare dolore". Per questo il magistrato ha anche chiesto alla Corte d'assise di Bergamo di tenere conto dell'aggravante delle sevizie e della crudeltà. Per il pm, infatti, "non vi è dubbio che l'omicidio sia volontario" perché abbandonando la giovane ginnasta ferita gravemente nel campo di Chignolo d'Isola, dov'è stata ritrovata a tre mesi di distanza dalla sua scomparsa, Bossetti sapeva che la ragazzina sarebbe morta.

Pur spiegando che non è possibile stabilire con certezza, ha detto che "l'incontro fatale" con l'imputato Massimo Bossetti "non è accaduto davanti alla palestra" da cui Yara scomparve, ma nelle vicinanze dell'abitazione della ragazza in via Morlotti oppure in via Rampinelli, due strade che la 13enne avrebbe dovuto necessariamente percorrere per tornare a casa. Il pm ha cercato, inoltre, di smontare le consulenze della difesa, in particolare sui video delle telecamere di sorveglianza della zona e sulle fibre di tessuto trovate sul corpo della vittima "identificabili con probabilità" con quelle rinvenute sui sedili del mezzo del muratore. Il pm ha descritto inoltre le ricerche a sfondo pornografico ritrovate nei computer di casa Bossetti affermando che "non è credibile siano state fatte dalla moglie di Bossetti, o non da sola, quindi sono certamente state fatte anche da lui".

Ruggeri ha spiegato che oltre alla "prova genetica", ovvero al dna che rappresenta "il faro dell'inchiesta", a carico del muratore di Mapello vi è "un corollario significativo" di indizi caratterizzati da "gravità, precisione e concordanza": i tabulati telefonici dell'imputato e le immagini del mezzo ripreso dalle telecamere di sorveglianza della zona. "Elementi che vanno letti complessivamente" e che dimostrano come "non cercammo di cucire addosso degli elementi, ma cercammo riscontri in quello che già c'era". I tabulati telefonici di tutte le persone che transitarono a Brembate il 26 novembre 2010 e le immagini delle telecamere - ha ricordato l'accusa - furono acquisite, infatti, nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa della ragazza, mentre la figura di Bossetti comparve nel giugno 2014. Letizia Ruggeri dovrebbe concludere nel tardo pomeriggio la sua requisitoria che, con tutta probabilità, si chiuderà con una richiesta di condanna all’ergastolo. "In questo delitto non è chiaro il movente - ha spiegato - ma ciò non indebolisce il castello accusatorio". 

Bossetti avrebbe dato "più volte dimostrazione di incapacità di controllarsi". La stessa incapacità, a detta del pm, dimostrata nel 2002 dal camionista Roberto Paribello che uccise la praticante commercialista Paola Mostosi. L'uomo, che poi fu condannato definitivamente all'ergastolo, agì dopo che, lungo l'autostrada A4, ebbe un banale incidente con l'auto guidata dalla giovane: fermatisi a una piazzola di sosta, la tramortì, la caricò a bordo del camion e, dopo aver lavorato tutto il giorno, la uccise. "Non è possibile stabilire la dinamica - ha argomentato il pm - Yara potrebbe essere stata convinta a salire, oppure tramortita come si verificò in quell'occasione".

Il pubblico ministero aveva già parlato sette ore, ricostruendo nel dettaglio le indagini, nella giornata di venerdì scorso: dalla scomparsa della ragazza, al ritrovamento del corpo, alla ricostruzione della tragica morte ("Yara è morta con una lenta agonia, ha provato paura e dolore", ha ricordato il pm in uno dei passaggi più drammatici dell'udienza). Infine il pm aveva anche spiegato come si è giunti a individuare Massimo Bossetti come presunto colpevole. Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini nelle prossime udienze cercheranno di smontare queste accuse che continuano a ritenere «incredibili» e «piene di lacune», a cominciare dal Dna.

(ha collaborato Gabriele Moroni)