"Mio padre è finito sulla sedia a rotelle, otto anni di condanna sono pochi"

Berrgamo, l'imprenditore Balestra e il figlio furono picchiati e rapinati

I carabinieri intervenuti sul luogo della violenta rapina (De Pascale)

I carabinieri intervenuti sul luogo della violenta rapina (De Pascale)

Cividate (Bergamo), 16 maggio 2017 - È terminato con tre condanne il processo, celebrato con il rito abbreviato davanti al gup Marina Cavalleri, contro i tre cittadini romeni, tutti detenuti in carcere a Bergamo, che la sera del 9 dicembre 2014 picchiarono brutalmente l’imprenditore Giovanni Balestra, 75 anni e suo figlio Adriano, 48, nella sede della ditta dei due, la “Bm Officine Meccaniche” di Cividate al Piano, dove si erano introdotti per rubare del rame: sorpresi dai due, invece di fuggire li avevano aggrediti e a seguito delle percosse ricevute, anche per mezzo di una spranga, Giovanni Balestra ancora oggi è costretto a vivere su una sedia a rotelle.

Otto anni e 8 mesi di reclusioni sono stati inflitti a Alin Jan Buruiana, 32 anni, e a Marinel Oprea, 28 anni (per loro il pm Carmen Santoro aveva chiesto 10 anni), mentre 4 anni e 8 mesi sono andati a Marian Marvin, 56 anni (a fronte di una richiesta di 8 anni e 4 mesi). A motivare la differenza di pena, dato che le accuse di rapina aggravata, tentato omicidio e lesioni personali erano contestate in concorso, il fatto che Marvin Marian, secondo la ricostruzione della dinamica da parte degli inquirenti, avrebbe avuto un ruolo più defilato al momento del pestaggio. I tre sono stati condannati anche a pagare una provvisionale immediatamente esecutiva di 100mila euro a favore di Giovanni Balestra e di 20mila euro al figlio Adriano. La posizione di un quarto indagato, Costel Bucurasteanu, 23 anni, resta per ora stralciata, in quanto detenuto per altra causa in Romania. Secondo i suoi complici sarebbe stato il più violento la sera dell’aggressione ai Balestra. Sarebbe stato lui a massacrare l’anziano. «Otto anni sono pochi per quello che hanno fatto - commenta Adriano Balestra -. Mio padre è condannato a vita sulla sedia a rotelle, è paralizzato in tutta la parte sinistra e non c’è nulla da fare per recuperare. Ogni tanto me lo dice: quelli lì sono terroristi, guarda come sono qui. Di notte ho ancora gli incubi. Una volta che li avevamo sorpresi, avrebbero potuto scappare, invece hanno scelto di aggredirci».

I quattro malviventi erano stati individuati e arrestati in Romania nel dicembre del 2015 grazie all’Interpol e successivamente i tre imputati erano stati estradati in Italia. Una prima indagine sulle celle telefoniche (50mila utenze) aveva permesso ai carabinieri prima di individuare tutte le utenze transitate nella zona di Cividate, quindi di restringere il cerchio man mano fino ad arrivare ad alcune decine. A quel punto erano partite le intercettazioni telefoniche che avevano permesso di individuare i quattro romeni, che nel frattempo, però, avevano già lasciato l’Italia. La certezza sulla loro identità era arrivata dalla testimonianza di due donne, anch’esse romene, sentite come tesimoni, che all’epoca dei fatti abitavano nella stessa via di Romano di Lombardia dei quattro indagati.