Massacrano di botte padre e figlio per rapina, il pm chiede dieci anni

Le richieste dell'accusa durante il processo per la brutale aggressione a Giovanni Balestra e suo figlio Adriano

La sbarra con la quale i rapinatori colpirono i Balestra

La sbarra con la quale i rapinatori colpirono i Balestra

Bergamo, 14 aprile 2017 - Si avvia alla conclusione il processo contro i tre cittadini romeni che la sera del 9 dicembre di due anni e mezzo fa avevano picchiato brutalmente l’imprenditore Giovanni Balestra e suo figlio Adriano nella sede della ditta dei due, la Bm Officine Meccaniche di Civitate al Piano. A seguito delle percosse ricevute, Giovanni Balestra ancora oggi è costretto a vivere su una sedia a rotelle. Ieri il pm Carmen Santoro ha formulato le sue richieste di condanna a dieci anni di reclusione per Alin Buruiana e Marinel Oprea, e otto anni e quattro mesi per Marian Marvin, tutti accusati in concorso di tentato omicidio, rapina e lesioni gravissime. 

La sentenza del giudice Marina Cavalleri è in programma il 15 maggio. I tre imputati, nel corso di una delle ultime udienze, hanno spiegato che a picchiare padre e figlio fu un quarto complice, anch’esso romeno, Costel Bucurasteanu, detenuto in Romania per un altro procedimento. Il processo nei suoi confronti verrà celebrato a parte. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, i quattro avevano fatto irruzione la sera del 9 dicembre 2014 nella ditta con l’intenzione di rubare rame o altri materiali.

Scoperti da Adriano Balestra, invece di fuggire lo avevano aggredito e lo stesso avevano fatto con il padre, intervenuto in suo soccorso, utilizzando una sbarra di ferro. Si erano poi dati alla fuga. Una prima indagine sulle celle telefoniche aveva permesso agli investigatori prima di individuare tutte le utenze transitate in zona, quindi di restringere il cerchio mano mano fino ad arrivare ad alcune decine. A quel punto erano partite le intercettazioni telefoniche che avevano permesso di individuare i quattro romeni, che nel frattempo, però, avevano già lasciato l’Italia. 

La certezza sulla loro identità era arrivata da alcuni testimoni, tra cui due donne romene, già sentite come testimoni in aula, che all’epoca dei fatti abitavano nella stessa zona di Romano di Lombardia dei quattro indagati. Le due, in sostanza, hanno confermato, come avevano già fato a suo tempo, i riconoscimenti fotografici degli indagati. Giovanni Balestra e suo figlio Adriano si sono costituiti parte civile al processo davanti al giudice della udienza preliminare Marina Cavalleri e sono assistiti dall’avvocato Bruna Civardi. Fino ad ora, a parte il giorno della loro testimonianza in aula, hanno preferito non presentarsi in tribunale. Troppo doloroso rivedere le facce dei loro aggressori, che hanno lasciato un segno indelebile nella loro mente.