Bergamo, 28 giugno 2014 - «La scienza è scienza. Ma senza quella intuizione della polizia...». Parla di dna. Di idee, fortuna (poca) e ostacoli (tanti). Parla di Yara, «una ragazzina d’oro», e della famiglia «esemplare». Vincenzo Ricciardi, questore di Bergamo dal 2010 al 1 giugno 2012 quando andò in pensione per motivi anagrafici (63 anni) ripercorre «l’inchiesta dei grandi numeri».

Massimo Bossetti: colpevole o innocente?
«Mi limito a dire che la scienza è scienza e fino a prova contraria è esatta».

Basta il dna?
«Serve altro materiale investigativo. Per questo si stanno svolgendo ulteriori indagini: la tecnologia ha compiuto passi da gigante, ma è uno strumento. Poi c’è l’uomo, che fa la differenza. Oggi possiamo dirlo: questo risultato è figlio di un’intuizione felice della polizia di Stato, della questura e dello Sco».

Quale?
«Raccogliere i dna dei soci della discoteca vicino al campo dove è stato trovato il corpo di Yara: da qui è stato possibile definire il profilo genetico di Ignoto 1».

Il fermo del presunto assassino è stata una rivincita?
«Non parlo di rivincita. É la dimostrazione che abbiamo lavorato bene. Ci avevano dipinto come una banda di incapaci, come se fossimo la Banda Bassotti. Invece il tempo ha dimostrato che la strada battuta era giusta: ci sono agenti che per due anni hanno rinunciato alle ferie per non perdere neppure un giorno e raccogliere ogni elemento su questo caso».

L’ha definita «l’inchiesta dei grandi numeri»...
«Mi riferivo non solo alle utenze telefoniche e ai dna analizzati che sono stati resi noti in questi giorni, ma anche alle tante segnalazioni raccolte. Abbiamo sentito tante persone, la maggior parte — devo ammettere — mosse dalla volontà di aiutarci a cercare la verità. Non sono mancate però le segnalazioni di chi era in cerca di notorietà».

C’è stato un momento in cui ha pensato al delitto perfetto?
«Non esistono delitti perfetti. Esistono inchieste segnate da svolte frutto dell’abilità investigativa e da qualche episodio fortunato. Nella mia carriera raramente ho assistito a un’indagine con tanti ostacoli per chi cerca la verità e tanta buona sorte per chi invece è l’assassino».

Qualche esempio?
«Se Giuseppe Guerinoni invece di essere morto nel 1999 fosse stato in vita i tempi si sarebbero accorciati».

Ha parlato con la famiglia di Yara dopo il fermo del presunto assassino?
«Ho incontrato i genitori la mattina dopo. Non dirò mai cosa ci siamo detti, ma anche in quell’occasione ho avuto la conferma di una famiglia eccezionale. Persone perbene».

Perché proprio Yara?
«... Yara era una ragazza casa, chiesa, scuola e palestra. Se oggi si indaga nei computer e nei telefonini di una qualunque 13 emerge quasi certamente una chiamata a un amico o qualcosa del genere. Da lei, invece, no».