Bergamo, 21 giugno 2014 - Si tratta di una premessa che lascia pensare quella del gip di Bergamo Ezia Maccora, prima di descrivere gli elementi che hanno portato in carcere Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di 44 anni accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio. Il giudice scrive, infatti, che i criteri per le misure cautelari sono ben diversi da quelli per "un giudizio dimerito e di sussistenza del fatto-reato". In sostanza, quanto è sufficiente per trattenere una persona in carcere e' ben diverso da quanto è necessario per un processo.

Concetto ben chiaro in procura a Bergamo, dove anche oggi il pm Letizia Ruggeri era al lavoro, e tra gli investigatori di carabinieri e polizia che anche in questo fine settimana hanno proseguito la loro attività, sentendo testimoni e incrociando i dati raccolti dopo il fermo di lunedì scorso del muratore, anche alla luce delle parole davanti al giudice di Bossetti che ha negato tutto raccontando la sua versione. Anche le sue dichiarazioni sono analizzate in questi giorni per cercare riscontri o smentite. Accanto al cosiddetto lavoro investigativo e informativo, prosegue quello scientifico del Ris di Parma, dopo l'intervento in casa di Bossetti in cui, oltre a essere sequestrati capi di vestiario, è stato usato il Luminol per cercare anche la minima traccia di sangue che, anche a distanza di quasi quattro anni, potrebbe ancora essere trovata. Per questo, i 'carabinieri della scienza' hanno concentrato la loro attenzione sui posti dell'abitazione in cui l'uomo potrebbe essersi lavato. C'e' inoltre molta attenzione sugli arnesi del suo lavoro sequestrati: "Non sono presenti lesioni tipicamente di difesa - riporta il gip nell'ordinanza citando i risultati dell'autopsia - Per ciò che riguarda il mezzo produttivo delle lesioni da arma bianca, trattasi di strumento da punta e taglio, con spessore della lama minimo di 0,2 mm, lunghezza. di almeno 2 cm, con possibile copertura in titanio, che per le caratteristiche rilevate è meno probabile trattarsi di un taglierino (cutter) ma piuttosto di un coltello".

Per trovare tracce organiche utili saranno analizzati anche i due mezzi di Bossetti, l'auto e l'autocarro usato per il lavoro. Quello a bordo del quale passava davanti al centro sportivo di Brembate di Sopra, da dove scomparve Yara quel pomeriggio del 26 novembre del 2010. A Brembate e a Mapello, i paesi più toccati dalla tragedia, intanto si cerca di metabolizzare il fatto che il presunto omicida non sia una persona estranea ma un uomo che gli abitanti avrebbero potuto incontrare tutti i giorni. Don Corinno, parroco di Brembate, allarga le braccia sconsolato: "Avrei davvero preferito venisse da fuori".