Bergamo, 9 aprile 2014 - Lo scorrere di novantotto primavere ha solo scalfito il viso minuto, divenuto famoso accanto a quello di Giovanni XXIII. Le mani sembrano di porcellana. Lo spirito è intatto, vivacissimo. Per dieci anni Loris Capovilla è stato accanto come segretario particolare al cardinale Angelo Roncalli, patriarca di Venezia, poi Papa. Il cardinale Capovilla vive a Sotto il Monte, in Bergamasca. A Ca’ Maitino, la casa di famiglia, la residenza estiva di Roncalli dal 1925 al ’58, attende la domenica della canonizzazione del «suo» Papa.

Eminenza, che significa per lei la giornata del 27 aprile?
«L’epilogo di una grande avventura, di fronte al quale sono sorpreso, intimidito, allietato. Sono contento di avere svolto il mio servizio accanto a Papa Giovanni tale e quale l’ho vissuto».

Come definirebbe il decennio del vostro rapporto?
«È stato il Papa a definirmi come suo ‘contubernale’, un termine latino che designa l’uomo di fiducia di un signore, di un religioso, di un politico, di un militare. Le mie ultime parole per lui sono state: ‘Santità, voi avreste meritato non un piccolo contubernale come me, ma un aiutante più buono, più sperimentato, più dotto di quanto non sia io’. Mi ha risposto: ‘Lascia stare, non parliamo di me’».

Come sono stati quegli anni?
«Abbiamo camminato insieme. Non ci siamo fermati a raccattare i sassi che venivano lanciati da una parte e dell’altra della strada. Abbiamo taciuto, pregato, perdonato, servito, amato. Era la sua anima di cittadino del mondo che lo faceva essere così. Tutto il mondo era la sua famiglia».

In cosa non è stato compreso Papa Giovanni? Cosa lo faceva soffrire?
«Ha sofferto come tutti gli uomini, anche quelli più in alto. Ognuno, sulla terra, porta il suo peso di dolore. Ci si può trovare in circostanze in cui non si viene capiti. Papa Giovanni non fu capito per quello che veniva considerato il suo buonismo. Adesso si comprende che non era buonismo ma bontà. Quando parlava dei fratelli separati. La misericordia. La mano tesa. Il cristiano non è ottimista per partito preso. Attraverso il battesimo ha ricevuto il dono della speranza».

Un messaggio valido anche per la Chiesa del terzo millennio?
«Al termine del primo giorno del Concilio, Papa Giovanni disse: ‘Abbiamo celebrato una grande giornata. Ma siamo appena all’aurora. Tantum, aurora est’. Siamo all’inzio dell’evangelizzazione. Benedetto XVI ha parlato di rivangelizzazione dell’Europa. Non perché in tutti questi anni il Vangelo non sia stato predicato, ma perché si deve riprendere da capo e continuare».

Papa Giovanni e la gente.
«Mentre il Papa agonizzava, nella sua stanza eravamo in sei o sette. Fuori, piazza San Pietro era gremita non di curiosi ma di gente, di popolo, che manifestava il suo affetto al pastore, al papà, all’amico. Mi avvicinai al letto: ‘Santità, qui siamo poche persone, ma se vedeste in piazza’. Mi rispose: ‘È naturale che sia così. Io li amo e loro mi amano’. Il popolo romano rappresentava il mondo intero. Sembrava voler sollevare sulle braccia il Papa morente per portarlo al Padre di tutte le misericordie».

di Gabriele Moroni