Bergamo, 9 gennaio 2014 - Riduce l’invecchiamento. Aiuta a socializzare e a incentivare la capacità di risolvere i problemi sviluppando un’attitudine al lavoro di squadra. Si chiama effetto bridge. Ponte, in inglese. Il ponte comunicativo che si crea tra i giocatori di bridge, sport riconosciuto dal Coni che provoca benefici certificati dalla letteratura medica. Laura Tidone, ex direttore del dipartimento dipendenze dell’Asl di Bergamo, da un anno in pensione, e presidente dell’Associazione bergamasca bridge, ha lanciato una sfida. Un corso per avvicinare il personale dell’Azienda sanitaria locale al bridge, "un gioco dove le carte sono solo uno strumento".

Come è nato questo progetto?
"Ho unito la mia esperienza in campo medico, la conoscenza di un’ampia letteratura che conferma i benefici esercitati da questa disciplina e il ruolo di presidente dell’Associazione bergamasca bridge".

Qual è stata la risposta?
"Ottima. L’anno scorso si sono iscritte 20 persone. Il corso che partirà il 31 gennaio ne conta 50".

Come è articolato?
"E' tenuto da istruttori di bridge riconosciuti, al di fuori degli orari di lavoro del personale dell’Asl, ed è gratuito. Al termine delle lezioni sono previste due prove: un test a risposte multiple e una prova in cui i due gruppi sono chiamati a stendere un documento a nome dell’Asl da proporre a università, carcere e case di riposo".

Quali sono i principali benefici apportati da questa disciplina?
"E' stata dimostrata una diminuzione del 74% dell’invecchiamento senile perché il bridge abitua a immagazzinare informazioni e a tenere allenata la memoria. Insieme agli scacchi è riconosciuto come sport della mente".

Non tutti i giochi creano dipendenza, quindi...
"Nel bridge non c’entrano né la fortuna, né il caso. E' uno sport che vanta una tradizione importante in Italia: la nostra nazionale ha vinto 14 Campionati del mondo, 7 Olimpiadi e 25 Europei. Ce la giochiamo con gli americani...".

A proposito di gioco... il bridge aiuta a guarire anche dalla ludopatia?
"Questo è ancora oggetto di discussione in campo scientifico. Quando ero direttore del dipartimento delle dipendenze ho incontrato le associazioni che si occupano di giocatori d’azzardo patologici (Gap). Avevamo parlato della possibilità di proporre il bridge ad alcuni pazienti, ma ci siamo bloccati davanti alla presenza delle carte. Sarebbe interessante, perché ho conosciuto persone affette dal Gap che hanno smesso di giocare grazie al bridge".

Dove potrebbe trovare applicazione immediata la «terapia del bridge»?
"Sarebbe interessante se venisse diffusa nelle residenze sanitarie per anziani o in carcere. È un intervento efficace da affiancare alle terapie farmacologiche".