Trescore Balneario (Bergamo), 10 settembre 2013 - La vita per gli altri. Fino al sacrificio estremo. Essere medico fino in fondo, anche a prezzo della vita. Indietro, indietro, c’è un ferito a terra. I pneumatici lasciano sull’asfalto i segni della brusca inversione a U, della breve corsa, della frenata. Sono un medico, sono un medico, sono qui. L’operatore del 112 è l’ultimo a raccogliere la voce di Eleonora Cantamessa (LE FOTO DEL MEDICO EROE).

Dice Luigi, il fratello della ginecologa, ingegnere, nominato da poco direttore generale delle Fondazione Ferrovie dello Stato: «Mia sorella è un caduto, come chi dà la vita per compiere il proprio dovere. Come mio nonno paterno Antonio, caduto in Russia, come i morti di Nassiriya. È morta per compiere il suo dovere. Anzi, è stata assassinata da una delle tante bande che scorrazzano nella ricca, cattolica Bergamo. Troppi extracomunitari e non controllabili. Questo perché lo Stato non c’è. Non è accaduto a Scampia, detto con tutto il rispetto, ma in una strada della Bergamasca, all’ingresso di un paese. Eppure mia sorella è stata uccisa. Allora mi chiedo dov’è lo Stato e dico: restituiteci lo Stato». 

Straziante il racconto della madre, Mariella Armati: «Volevo chiamarla per chiederle quando sarebbe rientrata perché non aveva le chiavi. Il suo cellulare suonava a vuoto. Allora ho chiamato l’amico che era con lei, l’architetto Bartoli. Ha risposto una voce femminile, mi ha chiesto chi fossi. ‘È successo un incidente grave, stiamo portando l’architetto in ospedale’. E mia figlia? ‘Non lo sappiamo. Ci sono anche altre ambulanze’. Ma dove è successo? ‘A Chiuduno’. Ho avvertito mio figlio e ci siamo precipitati a Chiuduno. Quando abbiamo visto un maresciallo dei carabinieri che conosciamo bene gli ho subito chiesto: ‘Mia figlia?’. Ha allargato le braccia, con aria triste. Ho capito tutto».

«Eleonora non era capace di stare ferma, ha sempre fatto tutto per gli altri. Ha fatto nascere mezzo paese. Nel suo ambulatorio, qui vicino casa, riceveva tutte, mamme italiane e straniere, senza fare differenze. Non ha mai chiuso la porta in faccia a nessuno. Visitava gratuitamente le ragazze straniere, le extracomunitarie, che avevano bisogno di una visita, di un consulto e non potevano pagare. E proprio un extracomunitario l’ha uccisa».


Eleonora Cantamessa lascia quattro ‘figli’: sono i bambini adottati con ‘Save the children’. Una discopatia le aveva impedito di entrare in ‘Medici senza frontiere’. Quarantaquattro anni, figlia di una famiglia storica di Trescore, la casa di piazza Cavour riferimento per tutti i diecimila residenti. Il padre Silvano, insegnante alle scuole medie e poi al liceo, assessore democristiano. Mamma Mariella ha insegnato a generazioni di scolari delle elementari. Liceo scientifico a Trescore, laurea con lode e specializzazione in ostetricia e ginecologia a Brescia. Separata, Eleonora si divide fra l’ambulatorio a Trescore e la Clinica Sant’Anna di Brescia, la casa di famiglia e un alloggio a Bergamo. Sempre a disposizione delle associazioni di volontariato. La generosità, l’altruismo si coniugano con la passione professionale.

Come per il suo ultimo atto, di medico e persona generosa. Gianluca Bartoli, architetto di Trescore, è l’amico e coetaneo di Eleonora che viaggiava con lei. È ricoverato all’ospedale di Seriate. Il suo terribile racconto viene filtrato dalla mamma che lo assiste: «Avevo capito che si trattava di una rissa e tirato dritto. È stata Eleonora a volere che tornassimo indietro. ‘Forse c’è bisogno di me’, ha detto. È balzata a terra. C’è stato l’investimento. Mi sono accorto che non respirava più, ma solo questa mattina mi hanno detto che era morta».