Bergamo, 15 agosto 2013 - «Non ho fatto niente di speciale, sono solo una persona che vuole bene al suo cane. Sono certo che tutti si sarebbero comportati come me». Sono passati otto mesi dal dicembre 2012, ma il ricordo di quei momenti convulsi è ancora impresso nella mente di Sergio Gervasoni che domani, insieme alla figlia di 15 anni, andrà a San Rocco di Camogli, dove parteciperà al Premio internazionale fedeltà del cane che quest’anno ha raggiunto la cinquantaduesima edizione. È un uomo di montagna Gervasoni, è a disagio nel raccontare i dettagli dell’impresa che lo hanno portato a vincere il premio bontà.

La memoria corre indietro nel tempo, alla fine di dicembre, appunto, quando una mattina, come di consueto, Gervasoni decide di andare a fare una passeggiata tra i boschi insieme ai suoi cani. È circa mezzogiorno quando rientra a casa e in un primo istante non lo spaventa l’assenza di Jacky, il meticcio, che in famiglia è stato accolto nel 2004. «Jacky è sempre stato molto vivace, curioso, intraprendente, per cui il suo ritardo non mi preoccupava — racconta —. Abito in montagna e quando porto i cani a passeggiare è normale che li perda di vista». Il tempo trascorre, ma del cagnolino di otto chili, che quest’anno compirà dieci anni, non c’è traccia.

«Eravamo abituati a ritardi di mezzora o di un’ora al massimo, non di più», spiega. Passate due ore, Gervasoni, insieme alla figlia, si mette alla ricerca del loro cane che, però, non risponde ai richiami. Decisivo è l’incontro con un passante che avvisa il padre e la ragazzina di aver sentito un cagnolino abbaiare e fornisce loro le indicazioni per raggiungerlo.

In un baleno, Gervasoni e sua figlia sono vicino al luogo, l’abbaiare familiare di Jacky, a cui rispondono, chiamandolo, li guida. Nonostante fosse praticamente cieco, il cane, amante dell’avventura, era riuscito a salire sul ciglio di una roccia, dove era rimasto bloccato. «Era impossibile raggiungerlo — dice Gervasoni —, ho tentato tutte le vie, ma inutilmente. Per non lasciarlo solo, siamo ritornati a casa, abbiamo preso i sacchi a pelo e abbiamo dormito all’aperto. Sapevamo che la nostra presenza era motivo di conforto per Jacky».

Il giorno seguente, Gervasoni chiama il soccorso alpino. Arriva solo uno dei tre soccorritori, certo che avrebbe raggiunto con facilità il punto in cui si era arrampicato il cane. Niente da fare. Le ricerche vengono rinviate alla mattina seguente, è il 31 dicembre. «Come promesso, i soccorritori sono arrivati e nel primo pomeriggio Jacky era finalmente salvo — conclude —. Sono andato a dormire alle 22, ero stanchissimo, ma è stato il Capodanno più bello della mia vita».