di Giuseppe Purcaro

Bergamo, 10 luglio 2013 - Impiegati e tecnici della università si sono dati appuntamento fuori dall’ateneo di via dei Caniana per presidiarne l’ingresso e chiedere al rettore e al cda dell’univesita di «rispettare i contratti». Lo stato di agitazione, una prima assoluta per l’ateneo bergamasco, è stato indetto per chiedere la revoca immediata della decisione del consiglio di amministrazione, guidato dal rettore Stefano Palerari, che lo scorso 25 giugno non ha ratificato l’accordo già siglato dalle parti sul contratto integrativo 2013 per i 227 dipedenti - personale tecnico e amministrativo e bibliotecario - dell’università.

Un atto che le Rsu e i sindacati, Cgil e Cub, definiscono un’indebita invasione di campo e una forzatura unilaterale gravissima che lede l’autonomia negoziale delle parti pubblica e sindacale». I dipendenti e i loro rappresentanti lamentano, quindi, che la pre intesa già sottoscritta a giugno, sarebbe stata di fatto «sconfessata» dalla delibera del cda, organo di governo dell’ateneo. In segno di protesta ieri mattina una folta rappresentanza di lavoratori si è così riunita in assemblea per poi dar vita a un presidio davanti all’ingresso principale dell’Ateneo. Uno striscione inequivocabile «Paleari, tira fuori i soldi» è stato poi appeso.

La pre intesa prevede, tra l’altro, un aumento di stipendio di circa 300 euro lordi l’anno. «Chiediamo - dicono Tobia Sertori, segretario provinciale Flc Cgil, e Michele Timperanza, segretario provinciale Cub Sur - di ratificare, anche attraverso la mediazione del prefetto, la pre intesa raggiunta dopo ben quattro mesi di contrattazione per migliorare i livelli di servizio e l’efficienza dell’attività ammininistrativa. L’incontro del 25 luglio, proposto dal cda, è per noi inutile. In caso contrario, sarà proclamato lo sciopero». «Non lottiamo per chissà quali aumenti di stipendio: sono, sì e no, 25 euro lorde al mese in più - dice Adele Baretti, impiegata- ma per protestare contro questo atto unilaterale. È un fatto grave».

«Siamo i lavoratori che fanno funzionare aule, laboratori, biblioteche - dice Marina Margheron, impiegata -. Il contratto integrativo apporta migliorie ai servizi, agli studenti, ai docenti, ai ricercatori. I 300 euro lordi all’anno sono ampiamente giustificati. In una cronica carenza di organico, abbiamno ottenuto buoni risultati comunque. Abbiamo le buste paga più basse del pubblico impiego (poco più di 1.000 euro al mese), e lo stipendio è bloccato dal 2008 e forse fino al 2017. L’accordo prevede che gli aumenti vadano a tutto il personale. I soldi del salario accessorio tornano infine dopo 3 anni su base mensile anziché annuale, ma le bollete, il mutuo e le altre spese non aspettano. Il contratto quindi c’era. Perché questo improvviso cambio di rotta?».

«I revisori dei conti - aggiunge Davide Cremaschi, Rsu - non hanno mosso specifici rilievi all’accordo. Si tratta quindi di un precedente assoluto in tutta la storia della contrattazione nelle università italiane. Già nel 2012 l’Ateneo tagliò il fondo del salario accessorio. Ci chiediamo che cosa sia successo al rettore e al cda per avere preso questa decisione».