di Gabriele Moroni

Bergamo, 9 marzo 2013 - Incidente probatorio e superperizia per tre telefonate di Mohammed Fikri. Un nuovo giro di interrogatori in Procura a Bergamo. Si rimette in moto il meccanismo giudiziario dopo che il gip Vincenza Maccora ha archiviato la posizione del piastrellista marocchino per il reato infamante di omicidio e trasmesso gli atti alla Procura perché Fikri venga indagato per favoreggiamento di «persona che ritiene in qualche modo coinvolta nel delitto».

Nuovo fascicolo. Il pm Letizia Ruggeri ascolterà Fikri, la fidanzata Fatiha Sabri, l’ex datore di lavoro Roberto Benozzo (impegnato con Fikri nel cantiere di Mapello il 26 novembre 2010, giorno della morte di Yara), il custode del cantiere. Per quanto riguarda Benozzo il gip si sofferma su un sms inviato dall’impresario veneto a un amico, «Ciao. Brutte notizie. Hanno fermato il mio operaio ai confini con la Spagna», appena appreso del fermo da un cugino di Fikri. Una circostanza sulla quale, secondo il gip, Benozzo non è stato sentito.

Le tre telefonate. Nell’istanza depositata il pm chiede la perizia per tre chiamate del manovale extracomunitario. Una è quella della frase controversa che fece finire Fikri in carcere: «Allah, perdonami, non l’ho uccisa io», secondo la versione colpevolista, oppure «Allah, perché non passa?», secondo la vulgata innocentista. È il 3 dicembre 2010 e Fikri tenta invano di mettersi in comunicazione con la moglie di un suo debitore.

Alle 16.17 dello stesso giorno Fikri racconta alla fidanzata Fatiha il motivo della convocazione da parte dei carabinieri. «Ma il posto dove l’hanno uccisa, è vicino dove lavoravi o è un po’ lontano?», chiede la ragazza. «E’ vicino al cancello del cantiere», è la risposta. A quell’altezza cronologica Yara è ancora una persona scomparsa e non la vittima di un omicidio. Alle 22.02 Fatiha esprime la sua perplessità sulla richiesta di perdono che le ha rivolto il fidanzato: «Le tue parole non mi sono piaciute proprio soprattutto mi hai chiesto di perdonarti, mi sono detta perché devo perdonarti ... non c’è motivo per il quale ti devo perdonare». A chi provvede alla trascrizione del colloquio pare di cogliere il pianto di Fikri e anche quello della donna.

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