di Giulia Bonezzi

Sedrina, 18 gennaio 2013 - Una discarica di amianto in un’ex cava di pietra da calce all’imbocco della Val Brembana. Per adesso è solo un progetto, depositato in Regione con richiesta di Via (valutazione integrata ambientale) e autorizzazione integrata ambientale. A presentarlo, il 3 dicembre dell’anno scorso, è stata la Unicalce Spa, gruppo bergamasco leader nella produzione di calce. Il progetto riguarda la cava Santa Barbara in località Cacosio, comune di Sedrina: circa 23.500 metri quadrati sul versante Nord del monte Passata. Una cava «in fase di esaurimento», si legge nell’avviso pubblicato il giorno stesso, come prevede la legge, su alcuni quotidiani.
 

E prevede il progetto, «la realizzazione e l’esercizio di una discarica per rifiuti costituiti da materiali in matrice resinoide/cementizia contenenti amianto». Rifiuti «speciali non pericolosi», come vengono classificati i materiali contenenti amianto provenienti dalle bonifiche edilizie imposte dalla legge che ha messo al bando la fibra killer nel 1992. Chiunque sia interessato dal progetto può consultare la documentazione (pubblicata anche sul portale www.silvia.regione.lombardia.it), e inviare le proprie osservazioni al Servizio Ambiente della Provincia di Bergamo (anche per posta elettronica ad ambiente@pec.regione.lombardia.it), entro 60 giorni dalla pubblicazione dell’avviso. Cioè entro il primo febbraio.

Ma a metà del periodo d’interregno cadevano le vacanze di Natale: «La domanda è arrivata senza preavviso il 7 dicembre, l’ufficio tecnico mi ha informato al mio rientro, i primi di gennaio. È stato un po’ un fulmine a ciel sereno», spiega Agostino Lenisa, il sindaco di Sedrina, che sta cercando di mettersi in contatto con i dirigenti dell’azienda. Senza alzare preventive barricate: a Sedrina, 2.500 abitanti, la Unicalce ha due impianti; non è una multinazionale sconosciuta, ma il principale datore di lavoro in paese e «abbiamo sempre avuto un dialogo». Però anche senza tacere «alcune perplessità.  Tre, per l’esattezza. La prima è che, in base alla legge regionale 13, c’è una convenzione per la quale, una volta esaurita, la cava deve essere conferita al Comune, e (due) a marzo dell’anno scorso il nostro consiglio comunale ha deliberato di trasformarla sì in discarica, ma per il recupero di terre e rocce e per farci un piazzale con la nuova stazione ecologica, perché quella vecchia dobbiamo trasferirla».

La terza ragione, i locali la chiamano “il gnocco”: «Uno sperone di roccia che sovrasta la cava e che da anni è interessato da movimenti franosi, a seguito dei quali sono dovuti intervenire il genio civile e la stessa Unicalce per mettere la parete in sicurezza». Insomma, per dirla con Alberto Mazzoleni, presidente della Comunità montana della Val Brembana: «La questione necessita di approfondimento politico».
 

giulia.bonezzi@ilgiorno.net