Brembate Sopra, 17 marzo 2011 - «Le parole del procuratore di Bergamo Massimo Meroni non mi hanno entusiasmato, ma sinceramente non mi aspettavo molto di più». Diego Locatelli, sindaco di Brembate di Sopra e amico della famiglia Gambirasio, è interprete e microfono dei sentimenti di una piccola comunità ferita e oltraggiata. «Si capisce che non hanno niente in mano.

Lasciamoli lavorare e aspettiamo. I tempi non mi interessano purché non si vada alle calende. Siamo ancora in tempo, ma mi aspetto, ci aspettiamo delle risposte. La richiesta che abbiamo formulato subito dopo il ritrovamento di Yara, interpretando anche il pensiero dei suoi genitori, è tuttora valida e legittima: vogliamo sapere chi è stato. Rispetto la professionalità di tutti, ma anche loro dovranno rendere conto della loro competenza e della loro responsabilità».
 

Non è l’unico strale agli inquirenti. In una lettera al quotidiano «L’Eco di Bergamo» firmata «due appartenenti alle forze dell’ordine» si parla di «avvilente dispersione di energie e mezzi» e di «insuccesso investigativo» dovuto alla «cronica assenza (storica) di sinergia tra carabinieri e polizia».

Una dura accusa. Non scalfisce il procuratore aggiunto di Bergamo Massimo Meroni: «Siamo in un Paese libero. Ognuno può fare le critiche che vuole». Piena adesione da Giovanni Barba, segretario generale per la Lombardia del sindacato di polizia Silp-Cgil: «Condivido pienamente la posizione dei due colleghi. Non discuto che ogni forza di polizia dia il massimo in termini di impegno. Manca una volontà di coordinamento. Quel coordinamento che non c’è stato nella prima fase della vicenda di Yara.

Solo dopo la gaffe dell’arresto di Fikri e dopo che il questore di Bergamo ha parlato con il procuratore, polizia e carabinieri hanno incominciato a sentirsi e a lavorare insieme. Ma per una settimana erano stati in scena solo i carabinieri. Questo è un dato oggettivo». «Il coordinamento — dice Luigi Menditto, segretario provinciale del Siulp di Bergamo — è una nota dolente da anni. Pensare di unificare tre corpi di polizia è pura utopia. La soluzione potrebbe essere una ripartizione delle competenze con l’assegnazione di servizi mirati. Quello di Yara è un caso particolare, che non va accostato alle questioni generali della sicurezza».

Le indagini. Sono alcune decine (almeno una trentina) le persone che hanno accettato di sottoporsi a un tampone di saliva per rilasciare il proprio Dna. Sono genitori di ragazzi che frequentano la palestra (dove Yara praticava la ginnastica ritmica) e anche la piscina del centro sportivo di Brembate. «L’hanno uccisa davanti al cancello». Una frase che secondo il settimanale «Panorama» sarebbe stata pronunciata in una telefonata alla fidanzata da Mohaned Fikri, il giovane manovale marocchino bloccato il 4 dicembre per l’omicidio di Yara e scarcerato dopo che era emerso un clamoroso errore nella traduzione di un’altra chiamata.
 

Drastica replica del procuratore Meroni: «Se fosse esistita una frase del genere, avremmo eseguito un fermo senza inserire l’elemento migliore?». «Questa frase — dice l’avvocato Roberta Barbieri, difensore del marocchino — non è uscita né nell’interrogatorio con il pm né nell’udienza di convalida davanti al gup. Non è mai stata contestata». Il fascicolo di Fikri è stato separato da quello, a carico di ignoti, per l’omicidio di Yara.