Bergamo, 11 febbraio 2011 - Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i tre ultrà atalantini accusati di associazione per delinquere e destinatari di misure cautelari nell'ambito dell'inchiesta sul tifo violento, che venerdì mattina erano attesi davanti al gip Alberto Viti per l'interrogatorio di garanzia. Il leader della Curva Nord Claudio "Bocia" Galimberti (sottoposto a divieto di dimora nella Bergamasca), F.P., 26 anni, di Crema, detto "Paso", e A.Q., 23 anni, di Stezzano, noto come "Rasta" (entrambi sottoposti all'obbligo di firma) sono arrivati al Tribunale di via Borfuro insieme ai loro legali intorno alle 10 e ne sono usciti circa un'ora dopo.

"Abbiamo reso poche poche dichiarazioni spontanee - ha commentato subito dopo essere uscito dall'ufficio del giudice per le indagini preliminari, il difensore di Galimberti, l'avvocato Andrea Pezzotta -. Secondo noi non ci sono assolutamente gli estremi dell'associazione a delinquere. Il tifo organizzato, abbiamo sostenuto, non corrisponde assolutamente all'associazione a delinquere.

Dopo aver consultato meglio gli atti della Procura chiederemo un interrogatorio per ribattere sui contenuti e gli episodi specifici che vengono contestati al mio cliente. Presenteremo inoltre una richiesta di modifica della misura cautelare". Anche i legali degli altri due tifosi nerazzurri, gli avvocati Federico Riva e Giovanni Adami hanno insistito sull'insussistenza dell'accusa di associazione a delinquere.
 

Intanto il gip Alberto Viti ha chiesto al questore di Bergamo la revoca del Daspo (il provvedimento che vieta di accedere alle manifestazioni sportive) nei confronti di Claudio Galimberti. Poichè l'ultrà è sottoposto al divieto di dimora in provincia di Bergamo, è il ragionamento del giudice, non ha senso consentirgli, durante le partite dell'Atalanta, di venire a Bergamo per poter ottemperare all'obbligo di firma, che è una delle conseguenze del Daspo.