Brembate Sopra, 21 gennaio 2011 - «Dalle ricerche non è emerso nulla: né tracce, né tantomeno il corpo di Yara». Parole del procuratore di Tolmezzo (Udine) Giancarlo Buonocore. Una resa, l’ennesima. Una volta di più la segnalazione di una sensitiva non ha portato nemmeno a sfiorare il mistero della ragazzina tredicenne di Brembate di Sopra sparita nel nulla il 26 novembre. Ancora una volta, prima di interrompere le ricerche, la segnalazione è stata verificata, controllata sul campo.

Portava lontano dalla Bergamasca, in un angolo riposto della Carnia friulana. Per due giorni Yara è stata cercata dove indicava la sensitiva, lungo un torrente nei pressi dell’abitato di Viaso, nel comune di Socchieve. Tutte le forze disponibili sono state messe in campo, i carabinieri della compagnia di Tolmezzo e della stazione di Ampezzo, polizia, Socorso alpino della Guardia di finanza, volontari della protezione civile e del Soccorso alpino della zona, con due unità cinofile del nucleo di Torreglia, nel Padovano. Uno schieramento imponente per non ritrovare un solo oggetto, un piccolo indizio, qualcosa che riconducesse a Yara al quale agganciare anche la speranza più fragile.

Sono circa 300 i sensitivi e medium sfilati sul palcoscenico triste del mistero di Yara Gambirasio. Uno stuolo, un esercito. Con le indicazioni più disparate, tutte rigorosamente verificate per non lasciare nulla di intentato. Si sono mossi in massa i protagonisti della credulità popolare. In altre circostanze, per altre vicende, sarebbe stato semplice folklore. Per Yara no. Emilia Shalek polacca di Lublino, pranoterapeuta a Roma, sale in treno a Bergamo, blocca un’auto della polizia. «Ho sognato Yara insieme con Sarah Scazzi davanti alla mia porta. Volevano entrare, ma io ho risposto che non era ancora il momento. Quando ho preso in mano la cartina della provincia di Bergamo ho sentito un forte profumo di rose che veniva dal punto in cui è segnato Sotto il Monte». Così la pranoterapeuta viene accompagnata nel paese natale di papa Giovanni XXIII perché verifichi le sue visioni.

Fa una comparsa serale, nel cortile del centro sportivo dove Yara è stata avvistata per l’ultima volta, anche Maria Rosa Busi, la sensitiva bresciana balzata agli onori delle cronache nel 2005 dopo il ritrovamento del corpo di Chiara Bariffi, una fragile trentunenne scomparsa da Bellano il 30 novembre 2002, dopo una serata con amici. Per tre anni Chiara dorme sui fondali lacustri, chiusa nella sua Dahiatsu Terios color bordeaux. Fino a quando Maria Rosa Busi non inizia a interessarsi al caso. Fino a quando, soprattutto, non si immergono i sub volontari di tre gruppi bresciani. La mattina dell’11 settembre 2005 viene individuato il fuoristrada. Quando lo ripescano il corpo della ragazza è sul sedile posteriore, indossa i vestiti indicati dai familiari, una giacca marrone chiaro e stivali.
 

Fa sentire la sua voce Mario Alocchi, «consulente esoterico» di Civitavecchia, intervenuto anche nella tragedia di Sarah Scazzi, per dire che c’è «l’ombra di una donna nel mistero della scomparsa di Yara». Prima ha spiegato invece che Yara è stata uccisa da «un uomo pericolosissimo con qualche disturbo mentale, non giovane, ma di una certa età».