Omicidio Cantamessa, Vicky Vicky si difende «Perso il controllo, non volevo ucciderli»

Alla sbarra l'indiano che travolse suo fratello e la dottoressa a Chiuduno, l'8 settembre 2013. L’imputato ha ripercorso le liti con la fazione rivale e il tragico agguato di Michele Andreucci

L'imputato Vicky Vicky con l'interprete

L'imputato Vicky Vicky con l'interprete

Bergamo, 26 febbraio 2015 - Scoppia a piangere più di una volta. Lo sguardo è sconvolto, si tormenta in continuazione le mani e la sua deposizione viene interrotta ripetutamente per consentirgli di riprendersi. L’immigrato indiano Vicky Vicky, 27 anni, accusato di duplice omicidio volontario per aver ammazzato suo fratello Baldev Kumar, anch’egli 27enne, e la dottoressa Eleonora Cantamessa è stato il protagonista ieri mattina della nuova udienza del processo che si celebra davanti alla Corte d’Assise di Bergamo.

L'indiano, sollecitato dalle domande del pm Fabio Pelosi, ha ripercorso quella drammatica serata dell’8 settembre 2013 quando, a Chiuduno, la 43enne ginecologa di Trescore Balneario è stata travolta e uccisa dalla Golf Wolkswagen condotta dall’imputato, mentre stava soccorrendo proprio Kumar, rimasto a terra ferito dopo essere stato colpito da alcuni connazionali di una fazione rivale e travolto anch’esso dalla vettura guidata dal fratello.

Vicky Vicky ha raccontato dei dissidi con la fazione rivale dei Ram di Vigano. Una faida nata nel 2011, ma che nell’ultimo periodo si era inasprita a causa di problemi sul lavoro nelle serre di insalata, dove i due gruppi indiani tendevano a spadroneggiare.

In particolare i Ram facevano pressioni perché due membri della loro famiglia fossero assunti dall’azienda dove lavorava Kumar. Vicky Vicky ha rievocato la prima aggressione di quell’8 settembre 2013 avvenuta, a suo dire, senza motivo, in un supermercato di Casazza. «Hanno minacciato di morte mio fratello» ha detto.

A Chiuduno ha assicurato che non c’era nessun appuntamento con la banda rivale. «Io guidavo la Golf e seguivo la Mercedes sulla quale c’erano mio fratello e altri quattro. Hanno messo la fraccia e accostato. In quel momento gli altri ci hanno tagliato la strada e ci hanno aggredito. La mia auto è stata colpita con una mazza e sono scappato, ma le persone che erano con me mi urlavano: “Torna indietro che stanno ammazzando tuo fratello. Io non ho capito più niente, ho schiacciato sul freno, sull’acceleratore, non capivo nulla. Sono tornato indietro e ricordo solo due fari puntati contro di me. Ho chiuso gli occhi e ho perso il controllo della Golf, sono sicuro di aver schiacciato i pedali del freno. Poi sono fuggito a piedi e solo due giorni dopo ho saputo dai carabinieri che avevo ucciso mio fratello»

A questo punto Vicky Vicky si è mostrato disperato. «In vita mia non ho mai ucciso una mosca e ho sempre vissuto con mio fratello - ha aggiunto in lacrime -. Ho ucciso una dottoressa e un padre. Non avrei mai voluto, non avevo nulla contro di loro».