Caso Cantamessa, la Procura fa appello: "Sono pochi 23 anni per Vicky"

La dottoressa Elena Cantamessa, di Trescore Balneario, aveva 43 anni quando è stata travolta e uccisa da un’auto mentre tentava di soccorrere Baldev Kumar, cittadino indiano, poi morto con lei, steso a terra massacrato da una banda rivale R.S.

Eleonora Cantamessa (DePascale)

Eleonora Cantamessa (DePascale)

Trescore Balneario, 14 agosto 2015 - La dottoressa Elena Cantamessa, di Trescore Balneario, aveva 43 anni quando è stata travolta e uccisa da un’auto mentre tentava di soccorrere Baldev Kumar, cittadino indiano, poi morto con lei, steso a terra massacrato da una banda rivale. Kumar era il fratello di Vicky Vicky alla guida della vettura che aveva investito la Cantamessa. Una tragedia, quella accaduta a Chiuduno la sera dell’8 settembre 2013, finita con la condanna della Corte di Assise di Bergamo, il 25 marzo scorso, a 23 anni per l’imputato Vicky Vicky. Pochi secondo il sostituto procuratore generale di Brescia, Manuela Fasolato, che ha presentato l’appello. Nelle otto pagine di ricorso spicca la principale contestazione: l’imputato non merita l’attenuante della provocazione, che può ridurre la pena di un terzo.

La provocazione è quella della famiglia Ram, vecchi attriti culminati in un’aggressione terminata a sprangate. Vicky, dopo aver travolto la dottoressa e il fratello, è fuggito. Ma poi era tornato indietro perché, ha raccontato lui in aula durante il processo, «<volevo solo salvare mio fratello, non ho capito nulla».

È in questo contesto che la Corte gli ha concesso l’attenuante della provocazione: «Le violenti aggressioni e minacce da parte dei membri della famiglia Ram ai danni dell’imputato e dei suoi parenti costituiscono un fatto ingiusto, che aveva determinato in Vicky Vicky lo stato d’ira sussistente al momento dell’investimento sfociato nel tragico gesto».

Il sostituto procuratore di Brescia riconosce "i plurimi fatti ingiusti ai danni del nucleo parentale dell’imputato», ma scrive «è tuttavia incontestabile che l’azione dell’imputato, seppur ha agito in uno stato di alterazione, si è diretta non nei confronti di soggetti provocatori bensì di terze persone che in nessun rapporto erano con la famiglia Ram».