La testimone: vidi Bossetti con Yara "Non dimentico i suoi occhi di volpe"

Il muratore mentiva ai colleghi: ho un tumore, devo assentarmi di Gabriele Moroni

Massimo Giuseppe Bossetti

Massimo Giuseppe Bossetti

Bergamo, 28 febbraio 2015 - Le sere, le notti difficili, i drammi nel dramma di Yara Gambirasio. Le menzogne di Massimo Bossetti. I dubbi, i sospetti della moglie dell’indagato per l’omicidio della ginnasta 13enne. La famiglia Bossetti, squassata dopo che la genetica ha rivelato che Massimo e la gemella Laura Letizia non sono figli di Giovanni Bossetti ma dell’autista di pullman Giuseppe Guerinoni. La testimonianza che inchioderebbe il muratore di Mapello. Tutto nelle 515 pagine nelle quali i carabinieri del Ros ripercorrono quattro anni e mezzo di indagini.

SERA DEL 26 NOVEMBRE 2010. Yara scompare. Nella stessa serata Fulvio Gambirasio, il padre, nota un autocarro «al lato destro della sua corsia di marcia, in via Rampinelli, con le luci accese». E aggiunge che «il pensiero è andato a Yara, istintivamente, proprio perché avrebbe percorso quella strada». Era il furgone cassonato Iveco Daily di Massimo Bossetti? 

SERA DEL 16 GIUGNO 2014. Massimo Bossetti è stato appena fermato. I familiari raggiungono alla spicciolata il comando dei carabinieri di Bergamo. Le ‘cimici’ intercettano i loro dialoghi concitati. Marita Comi, moglie di Bossetti, affronta la suocera Ester Arzuffi. «È stata insieme a Guerinoni?». La risposta è un no. E lei: «Ma lo dice il Dna... ditemi la verità, ditemela ora». Si discute del fermo. Marita: «È stato lui ad assassinare Yara». Anche se è palese che la donna si limita a riferire l’accusa rivolta la marito. LA TESTIMONIANZA. Una donna di Trescore Balneario riconosce Bossetti e Yara nel parcheggio del centro sportivo di Brembate di Sopra. Una testimonianza che confermerebbe una frequentazione. È fine estate del 2010. L’uomo è fermo su un’auto grigio chiaro modello Station Wagon come quella di Bossetti. Ha viso scavato e occhi chiari, come «di volpe». Lo raggiunge di corsa e s’infila in macchina una ragazzina snella, che porta l’apparecchio per la correzione dei denti. Qualche tempo dopo la testimone rivede l’uomo nel supermercato Eurospin di via Locatelli a Brembate. Yara è l’unica della famiglia a frequentarlo. Secondo il Ros, è nel discount che Massimo Bossetti avrebbe rivolto il primo approccio alla piccola Gambirasio. MOGLIE E MARITO. Massimo Bossetti è in carcere. Le visite della moglie sono assidue. La donna chiede dei passaggi davanti alla palestra di Yara. «Può essere – dice Bossetti il 4 dicembre 2014 –, ma no cinque o sei volte». Le immagini del furgone ripreso dalle telecamere sembrano inchiodarlo. Marita vuole una spiegazione: «Ho capito Massi! Ma se dicono sì! È il tuo! Vuol dire che sei proprio dentro... ok?». È drammatico l’incontro del 13 dicembre. Il detenuto si mostra esasperato: «Se dopo tu non mi credi più niente, stesso la mamma stesso il figlio ... Fai quello che vuoi Marita». Aggiunge: «E io ti dico questo invece, adesso sono stanco di sentirmi sempre quelle cose... l’importante che... se tu vuoi andar via, fai quello che vuoi, però non abbandonarmi i figli, quello basta». IL FINTO TUMORE. Per lasciare il cantiere e assicurarsi qualche lavoretto extra, inventa che dopo una risonanza magnetica il medico gli ha consigliato di farsi visitare al centro tumori di Milano. LE BUGIE DI BOSSETTI. Le contraddizioni nel ricostruire i suoi spostamenti il giorno della sparizione di Yara: era al cantiere, dal meccanico, dal commercialista, dal fratello, da un fornitore. Una bolla di accompagnamento per l’acquisto di un metro cubo di sabbia da trasportare in un imprecisato cantiere di Chignolo d’Isola, per gli investigatori è legato alla «volontà di precostituirsi una sorta di salvacondotto per potersi aggirare nella zona del campo, forse spinto dalla volontà di verificare le condizioni in cui era rimasto il cadavere». La cognata Nadia Arrigoni ha raccontato dello stupore di Marita quando il marito la condusse in quel campo a Chignolo.