Ben otto chilometri in otto anni. Scandalosa Arcisate-Stabio

Nella Confederazione i treni già viaggiano. Delrio: ora tappe forzate di Corrado Cattaneo

Paesi tagliati in due dal cantiere fermo dal 2011 non ci stanno a farsi sbeffeggiare dagli svizzeri

Paesi tagliati in due dal cantiere fermo dal 2011 non ci stanno a farsi sbeffeggiare dagli svizzeri

Arcisate, 4 agosto 2015 - Finirà, ad andare bene, con un record tutto italico: otto anni per fare otto chilometri di ferrovia. Il cantiere della Arcisate-Stabio, la strada ferrata che doveva collegare il Mendrisiotto a Malpensa in tempo per Expo, e che invece a oggi è stata realizzata al 45%, dati ufficiali di Rfi, è iniziato in una calda giornata del 24 luglio del 2009 e sarà finito entro maggio 2017, anche se la «conclusione di tutti i lavori», come recita il cronoprogramma dell’opera, è prevista «entro settembre 2017» e l’attivazione commerciale, ossia il passaggio dei treni, «nel dicembre 2017». Otto anni abbondanti dopo la prima pietra, quindi, ma dopo anche infinite polemiche e, va detto, una buona dose di sfortuna: i lavori hanno subito un brusco rallentamento, fino a interrompersi o a procedere in maniera molto limitata, per il ritrovamento di arsenico naturale oltre i limiti previsti dalla legge nei terreni dello scavo. Da lì ci sono voluti circa tre anni, dal 2011 al 2014, per individuare il luogo dove stoccarli, ossia le aree messe ora a disposizione dai Comuni di Viggiù e di Arcisate. Ieri per dire che di ritardi ora non se ne vedranno più si è scomodato il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, il governatore Roberto Maroni, l’ad del Gruppo Fs, Michele Mario Elia, quello di Rfi, Maurizio Gentile, e il presidente della Provincia di Varese, Gunnar Vincenzi.

Tutti insieme per dire che la Arcisate-Stabio non sarà la Salerno-Reggio Calabria del nord. «L’obiettivo è quello di non farci più denigrare per i cantieri fermi, fare in modo che l’Italia non sia sempre associata a opere che iniziano e non terminano mai», ha detto Delrio assicurando d’ora in avanti un rispetto teutonico della tabella di marcia dei lavori. A «denigrarci», per prendere a prestito il termine usato dal ministro, in questi mesi sono stati diversi politici ticinesi che, tra l’arrabbiato e il divertito, ci hanno più volte ricordato che i lavori sulla linea su suolo svizzero sono terminati nei tempi previsti e che i treni viaggiano già da mesi (anche se sono stati dirottati verso Como anziché Varese pur di non tenere impacchettata per anni una ferroviaria pronta in tutto, stazioni comprese). «Quando i cantieri rimangono fermi - ha aggiunto Delrio - non perdiamo un’opera ma un patrimonio di fiducia che ci è stato dato. Compito della politica è ricostruire un legame di fiducia».

«Al di qua del confine - spiega il sindaco di Induno Olona, Marco Cavallin, alla guida di uno dei paesi tagliati in due dal cantiere rimasto fermo a lungo - a noi tocca sopportare lo scherno, l’ironia, l’indignazione degli svizzeri che ci osservano e non capiscono. Noi ormai ne abbiamo viste troppe perché ancora ci bastino le parole: noi qui vogliamo le ruspe, gli operai, vogliamo star svegli di notte con i lavori del cantiere che procedono a tutto spiano per recuperare il tempo perduto: a pochi chilometri da qui la prosecuzione di questa ferrovia funziona da mesi e mesi». L’inaugurazione del tratto svizzero della Mendrisio-Stabio è infatti del novembre 2014. Problemi all’orizzonte, sul tratto italiano, in ogni caso per ora non se ne vedono: il nuovo appalto, dopo la recissione di quello precedente fatta da Rfi, è stato affidato il 9 giugno scorso all’impresa Salcef di Roma. A voler essere pignoli i lavori dovevano ripartire il primo luglio, stando a quanto aveva detto in una sua visita a Varese il predecessore di Delrio, Maurizio Lupi, poi il cantiere è stato consegnato venti giorni dopo quella data, facendo storcere nuovamente il naso agli svizzeri, e ora i lavori «saranno a regime da settembre 2015.