Pavia, 21 gennaio 2014 - Nutrie e dissesto idrogeologico? Con riferimento all'ultima ondata di maltempo con la rottura di argini ed esondazioni, secondo la Coldiretti la proliferazione delle nutrie avrebbe aggravato una situazione di dissesto idrogeologico provocato dall'incuria. E` quanto afferma l'associazione sulla base dello studio effettuato dall'Università di Pavia sui danni all'agricoltura provocati dalla nutria nel quale si descrive una situazione critica per una specie che si è riprodotta in modo tale da avere un impatto negativo sulle colture e sulla stabilità idrogeologica del territorio. A riferirlo è l'agenzia TmNews. La presenza delle nutrie in Italia è in continuo aumento così come i danni provocati nelle campagne alle infrastrutture come strade canali ed argini con un impatto stimabile in 20 milioni di euro all`anno. 

Per lo studio, riferisce la Coldiretti, le nutrie sono particolarmente dannose perché creano le tane in prossimità di canali ed arginature scavando lunghe ed ampie gallerie provocando crolli ed esondazioni. Si originano così - continua la Coldiretti - fenomeni di abbassamento delle strade poderali che, oltre a rendere difficoltosa e pericolosa il transito dei trattori, mettono in grave pericolo la sicurezza idraulica. Ad essere a rischio quindi è la tutela dell`ambiente e la sicurezza di tutti i cittadini ma anche il reddito delle imprese agricole perché le nutrie nutrendosi dei germogli di piante erbacee ed arboree, rasano i campi di cereali mettendo a serio rischio la produzione e, di conseguenza, la redditività delle imprese agricole locali.  

IL WWF: "SONO INNOCENTI" -  Il Wwf taglia corto sul ‘caso nutrie’. In Italia i primi esemplari furono importati alla fine degli anni 20 per farne pellicce, e furono molto popolari durante gli anni dell’autarchia decisa dal fascismo per rispondere alle sanzioni. "In Italia vengono spesi circa 4 milioni di euro l’anno per il contenimento di questo roditore- spiega il Wwf- per la realizzazione di recinzioni elettrificate, protezione meccanica degli argini attraverso l’uso di reti composite stese al suolo, piani di cattura e abbattimento gestiti dalle Province, molti dei quali realizzati da quelle della bassa padana (Mantova, Cremona, Reggio Emilia, Modena)"

Questi interventi “sono generalmente poco efficaci- dice l’associazione- soprattutto perché le Amministrazioni provinciali si muovono autonomamente senza alcun coordinamento vanificandosi a vicenda gli sforzi”. Peraltro, conclude la nota, “il Wwf non si e’ mai opposto al controllo della fauna introdotta, riconoscendo la presenza di specie estranee alla nostra fauna e alla nostra flora, come una delle piu’ importanti minacce per la biodiversita’, ma il problema pero’ non e’ trovare di volta in volta un capro espiatorio, ma è di avviare un governo del territorio”.