2009-05-21
— MONTEVECCHIA —
ALL’INIZIO quasi nessuno riusciva a credere per davvero al rischio che il Parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone possa diventare il Texas della Brianza. Sembrava solo uno scherzo, al limite un’ipotesi remota. Poi, man mano che sono circolati i documenti inviati alle varie Amministrazioni comunali coinvolte nel progetto, l’incubo ha preso corpo e la rabbia il posto dello scetticismo. «È come se mi fosse piovuto addosso un macigno dal cielo - commenta Daniela Contardi, 28 anni di Calco, di professione educatrice - È assurdo che si debba ancora ricorrere al petrolio per produrre energia quando invece siamo nell’era della fonti alternative ed è ancora più ridicolo che per cercarlo si voglia fare scempio di un polmone verde come questo. Qui ci porto spesso i bambini con cui opero e voglio poterci venire con loro ancora a lungo».

«MA COME SI PUÒ solo pensare una cosa simile? - fa eco Giuseppe Comi, 52 anni di Lomagna, che dal 1986 indossa la divisa verde delle Guardie ecologiche volontarie, mentre con la mano testa indica la valle sottostante - Dove vogliono costruire il pozzo tra l’altro c’è uno stagno dove si contano almeno un migliaio di rospi di una specie protetta e tutelata». Per Ivano Buratti, 50 anni di Osnago, si tratta di una «vera e propria aggressione al territorio, preludio a future aggressioni», in una zona tra l’altro già congestionata, con problemi di traffico e inquinamento.

«ANCHE UN BIMBO capirebbe che non si può realizzare una simile operazione e soprattutto in un’oasi naturale - sostiene Federico Paulovich, 24 anni di Lomagna - Occorre cominciare a pensare che l’oro nero è destinato ad esaurirsi». «I 15 milioni di euro necessari per impiantare i pozzi - dice Michela Mannari, 31 anni di Beolco di Olgiate Molgora - dovrebbero essere investiti in ricerca e nell’energia alternativa. Se non cambiamo rotta ogni anno dovremo fare i conti con le multinazionali del petrolio». Un tema ricorrente quello delle fonti energetiche alternative. Non per nulla in molti si sono organizzati a gruppetti per raggiungere Cascina Butto a bordo di una sola automobile.

«LA MASSICCIA partecipazione e la mentalità dei presenti sono un chiaro segnale che non staremo a guardare - afferma Mirko Sironi, 35 anni di Rovagnate - Sono nato e cresciuto qui e questa zona per me resta assolutamente intoccabile». «E pensare che io mi sono trasferito in Brianza da Modena proprio attirato dalla bellezza di questi luoghi - racconta Adriano Bellintani, 63enne di Sirtori - Non avrei mai potuto immaginare una cosa del genere. Dobbiamo rimanere uniti e ribadire la contrarietà a questa assurdità». Prosegue nel contempo anche la mobilitazione del popolo di internet. Il gruppo «Fermiano la ricerca di petrolio», ospitato sul sociale network Facebook, ha toccato 2.700 iscritti e la petizione online «Il Parco non si tocca ha superato le 1.500 firme.
Daniele De Salvo